Il termine unisono [dal lat. uni- e sonus «suono»] è usato in musica per indicare l’effetto di due o più suoni di uguale altezza, anche se di diverso timbro, che eseguono la stessa melodia simultaneamente. Nel linguaggio comune è un termine usato come sinonimo di concorde, in piena armonia: operare all’unisono. Questa pista sonora impregna e guida quest’anno il nostro agire. Levare un coro simultaneo che spezzi il solipsismo, per insufflare luce in un percorso comune che intoni nella sensorialità dei corpi la propria melodia. Accordare voci diverse per sfidare la gravità: quella di fatti, asimmetrie, pressioni e narrazioni che ci precipitano in immobili schermature di resistenze. Danziamo il canto per costruire e immaginare uno spazio plurale, da sentire prima ancora che comprendere, da gioire prima ancora che interpretare. Ecco allora che al termine Unisono, aggiungiamo “a più voci”, non tanto a rimarcare una collettività implicita nel termine, quanto per evidenziare una pluralità che supera di gran lunga la somma delle parti e trova nella radicalità del singolo la forza del totale. Non dunque suoni di uguale altezza a formare una melodia, ma un intreccio di timbri diversi a formare un cammino comune, anche al costo di tradire un’ armonia. 

Del resto la voce, prima ancora che aderire al regime del semantico o essere orchestrata come fenomeno acustico è un evento corporeo, intrinsecamente legato al soggetto che la emette, all’ emissione del respiro. È uno strumento di intonazione degli equilibri, delle posture, della cultura di un corpo, un atto somatico che genera un bagaglio fisiologico, mnemonico, di intenzioni, accenti, rilasci e mimiche di una specifica soggettività. Metaforicamente “prendere voce” si traduce con il prendere posizione, boicottare il silenziamento, situarsi. Prenderla collettivamente significa per noi far vibrare l’ ecosistema che ci accoglie e di cui siamo cellule.

Come creare un unisono?
Come dare voce alla libertà del corpo?
Come creare un movimento collettivo senza imporre strutture gerarchiche ma azioni
coreografiche in cui la persona si senta libera?

Queste le domande che insieme a noi si pone Silvia Gribaudi, l’ artista a cui quest’ anno abbiamo commissionato un progetto site specifico pensato per Fuori Programma e il Parco Tor Tre Teste. A queste domande il programma tenta di rispondere concertando la complessità e il molteplice senza perdere di vista la singolarità e il dettaglio. 

Più voci quelle di artisti e artiste che attraversano le nostre scene, così come i linguaggi espressivi che ne scaturiscono. Fuori Programma dispiega una mappatura di formati artistici eterogenei che trovano un collante nella commistione di linguaggi diversi. Sono voci nazionali e internazionali, emergenti e longeve. Sono voci che ritornano, come quella di Jacopo Godani che inaugura il festival con Symptoms of Development, ultima sua produzione per la Dresden Frankfurt Dance Company. Geografie incorporate che disegnano una mappa mobile della danza contemporanea, una categoria sempre più slabbrata dalla carica creativa del movimento. 
Più voci quelle dei luoghi attraversati dal Festival ed espressivamente ridisegnati dalle pratiche artistiche: Parco Tor Tre Teste, Teatro India, Teatro Biblioteca Quarticciolo e Centro Storico. Una geografia di suoni e comunità diverse, da attraversare con imprevisti cambi di prospettiva. La peculiarità di Fuori Programma è quella di incentivare la creazione e diffusione di progetti outdoor, capaci di riabitare in modo immersivo gli ambienti prescelti, coinvolgere diversi contesti urbani di Roma per far scoprire zone inconsuete della città in un processo dinamico di mobilità tra un luogo e l’ altro e nella fruizione di azioni attraversabili e fruibili da diversi punti di vista. “La danza è letteralmente un punto di vista sul mondo che inscrive e afferma la figura nello spazio della comunità suggerendo allo stesso tempo una via di fuga” come scrive Michele Di Stefano, ospitato con Veduta>Roma

Più voci sono le stesse azioni del festival. Oltre al programma di spettacoli, il nostro coro intreccia: residenze artistiche a sostegno delle carriere emergenti, tramite l’ ospitalità di processi creativi; Incontri di approfondimento e percorsi di scrittura giornalistica; workshop in cui sperimentare pratiche di movimento, decolonizzare l’immaginario che riguarda le tecniche della danza, o sperimentare la materia vibrante della vocalità.
Più voci sono infine le alleanze che ogni anno si uniscono al nostro canto per rendere sostenibile, collaborativa ed ecosistemica la progettazione e la curatela delle settore precario delle arti dal vivo, mediante vicendevole promozione, co-programmazione, scambio di buone pratiche, supporto reciproco, al fine di abbattere le logiche competitive e dell’ esclusività degli artisti ospiti.

Tutte queste voci, insieme, sono suoni che danzano lo spazio del presente, solcando le compressioni di potere, balzando su temporalità lente, aggirando gli stereotipi, fendendo l’ aria dell’ impossibile per generare possibili incontri di poesia collettiva.

Non esiste una guida su questo pianeta 
Ci sono regole che ho dovuto imparare 
Da solo
Ho fatto aggiustamenti
Ho misurato le distanze
Oggi sto cancellando i confini

Lior Tavori, ospitato con MARS.

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Il progetto è vincitore dell' Avviso pubblico Estate Romana 2020-2021-2022

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In collaborazione con la Direzione Musei Statali della città di Roma

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